Durante le vacanze in Italia ho avuto la fortuna e il piacere di essere la relatrice in una conferenza davanti a diverse scolaresche di un liceo e di un istituto tecnico commerciale.
Ben 300 ragazzi.
Confesso che quando mi era stata fatta la richiesta da parte di una mia amica che è consigliere alle pari opportunità di partecipare a “frlu..bla….tavola rotonda….sbf…kng….tema donne e realizzazioni…gdng” avevo detto solo si.
Non sono un’analfabeta, nè il mio pc è impazzito ma davvero parte del discorso non mi è arrivato. Complice un cattivo segnale.
Siccome, ve l’ho detto, non so dire di no, e poi a volte ho nostalgia di quel periodo magico legato alle presentazioni, senza esitazioni ho accettato. Senza fare troppe domande, come al mio solito.
Solo una volta in Puglia ho scoperto che non era una tavola rotonda, ma una conferenza con un interlocutore molto particolare: I GIOVANI.
Cosa potevo dire io a dei ragazzi di 18 anni?
Cosa poteva coinvolgerli e conquistarli, distrarli e svegliare il loro interesse.
Non certo la mia vita a Kuwait, non certo le tradizioni o i limiti che la religione qui impone.
Sapevo anche che del mio libro non avrei parlato, anche se era per quello che ero stata invitata.
Mi ricordo quelle conferenze lunghe e noiose, a cui ho partecipato da ragazzina, l’unico gioia era quella di farci perdere qualche ora fuori dalla classe.
E allora???
Allora, ho pensato a cosa avrei voluto sapere io a 18 anni. Ho pensato a quello che a quarant’anni e passa ho capito mi sarebbe servito sapere a quei tempi.
In macchina con mio marito, che aveva deciso di accompagnarmi facendo salire la mia ansia di prestazione, ho avuto l’illuminazione su come iniziare. Vi confesso che mi ha aiutato la musica:
“Mi chiamo Laura e sono laureata,
dopo mille concorsi faccio l’impiegata,
e mio padre e mia madre, una sola pensione,
fanno crescere Luca, il mio unico amore.
A volte penso che sia finita,
ma è proprio allora che comincia la salita.
Che fantastica storia è la vita.
Che fantastica storia è la vita.
E quando pensi che sia finita,
è proprio allora che comincia la salita.
Che fantastica storia è la vita.”
Che fantastica storia è la vita di Venditti.
Una canzone che nessuno di loro ho pensato aveva mai sentito, ma che mi è sembrato un segno. Questa canzone mi ha fatto pensare ad un messaggio importante da trasmettere: avere fiducia nella vita, non mollare mai, avere dei sogni e saper trasformare tutto in un’opportunità!
Una volta lì ho scoperto che avevamo a disposizione un proiettore, ho pensato di presentarmi con il video fatto per amiche di fuso sull’inglese. Insomma, la paura era quasi scomparsa.
Avevo le idee chiare.
Avevo un freddo esagerato in quel grande auditorium. Non so ma anche ai miei tempi si moriva di freddo nelle aule magne. Ma mi sentivo pure elletrizzata e quindi il freddo l’ho dimenticato subito.
La scuola mi ha piacevolmente colpito era praticamente nuova.
Ho conosciuto il Preside, altri professori, l’altra relatrice una cantante famosa Dajana D’ippolito.
Poi, sono arrivati i ragazzi. Alcuni, tanti, con facce annoiate, altri si davano spintoni, diversi si guardavano in giro, indecisi su dove sedersi, sicuro tanti speravano di vedere magari il tipo o la tipa che gli piaceva. Insomma, mettere insieme le ultime classi di ben due scuole superiori significava avere un pubblico particolare e attento forse a tutto tranne che a me.
Ci hanno presentato. Zero interesse. Ovvio no?? Nemmeno il video dell’ultima canzone di Dajana D’ippolito pareva scuoterli. Una loro concittadina che è arrivata a Sanremo, ha cantato con tanti grandi. Nulla.
E’ arrivato il mio turno. Faccio due domande: dove si trova Kuwait? Conoscete la religione islamica??Silenzio. Poi, mi butto e chiedo: che mi dite di facebook?? I blog e i youtuber?
E li, parte il brusio. Si sono svegliati! Facevano gli spiritosi: uno ha detto “io leggo facebook pure a scuola!”.
Decido che quello era il momento giusto per far partire il video. Faccio segno al professore. E così parte.
Hanno iniziato a ridere, e alla fine un grande applauso.
Avranno pensato non è così noiosa, forse la posso ascoltare.
Ho iniziato a chiedergli se avessero mai colto le vere potenzialità di facebook, di you tube, se avessero mai chiesto al loro professore di laboratorio di fargli vedere come si costruisce un sito.
Ho parlato dell’inglese, di informatica, di fare il grafico. Che in scozia l’università è gratis per i cittadini europei. Insomma, ho fatto la vecchia zia.
In realtà, il mio voleva essere un modo di portali fuori da li, fargli comprendere che il mondo va ad una velocità pazzesca e che non aspetta nessuno.
Ho chiesto a tutti avete capito qual’è il vostro talento, la vostra passione?
Perché è questo il vero messaggio che mi interessava condividere. Non so voi, ma io a 18 anni non sapevo molto di me.
Essendo una ragazza studiosa, curiosa, non avevo grossi problemi e riuscivo benino in quasi tutto.
A 12 anni contro il parere dei miei professori scelsi ragioneria, perché volevo far economia, diventare un manager della comunicazione o un commerciale, lavorare in una grande azienda.
A 18 ero in piena fase di ideali. Erano gli anni della stragi di stato: Falcone, Borsellino. Sentivo che dovevo dare il mio contributo e mi iscrissi a Giurisprudenza. Ma sbagliai, mi ero capita meglio a 12 anni che non a 18.
Ma credo sia un classico, no?!
Pare che nelle altre scuole, in Europa e America, siano più bravi a far emergere i vari talenti, a far capire i nostri punti di forza. Io lo spero, sarebbe già un bel punto di partenza da cui iniziare.
Con il tempo, ho imparato che se non hai passioni, o fame, nulla ti darà soddisfazione.
E non dico che sarà una strada più facile, ma seguire una passione o la vera propria attitudine ti da qualche chance in più.
I miei furono così bravi, non si opposero a nulla. Mio padre dopo aver accettato che non era per me fare la parrucchiera, dopo che aveva cercato di farmi studiare vicino e suggerito di fare il consulente del lavoro, capì che io volevo altro e mi accompagnò a Milano insieme a mia madre. Pianse tutto il viaggio di ritorno. Avevano solo 42 anni la mia età attuale. Si separavano della loro figlia maggiore, credendo nel mio giudizio e temendo nello stesso tempo quello che poi è successo che non sarei mai più ritornata a casa mia.
Avrebbero dovuto indirizzarmi di più??
Non so. So solo che fecero del loro meglio. Inoltre, io sono stata la prima laureata della famiglia di mia madre e la seconda di quella mio padre. Parliamo di famiglie numerosi con sei , sette figli.
Insomma, il contesto da cui provenivo era fatto di grandi lavoratori e gente semplice, che mai si erano mossi dal loro paese. Tranne mio padre che è andato ovunque per il suo lavoro. Ma nessuno poteva indirizzarmi.
Toccava a me capirmi.
E davanti a quei trecento ragazzi ho voluto verificare se loro erano messi meglio di me alla loro età. Purtroppo, ho scoperto che sono messi peggio, nessuno di loro aveva le idee chiare. A dicembre di un quinto superiore non sapevano ancora cosa avrebbero fatto dopo. Università, lavoro, accademia. Nulla. Non solo non avevo chiaro il loro talento, la loro passione, non avevano neanche uno straccio di progetto.
Una mi ha detto che forse avrebbe fatto fisioterapia. Io ho detto bene. Ti stai preparando per l’esame di ammissione. Mi ha guadato con due occhi spalancati e smarriti.
Ma come è possibile?! Ho trovato io le classi più indecise, sfiduciati e poco curiosi?
Questa realtà mi ha colpito tantissimo.
E allora ho rifatto la zia noiosa che gli dice “non accetto che siamo a dicembre e non abbiate nemmeno uno straccio di idea, un progetto”.
Il Preside dopo mi ha detto: “ha fatto bene, ma è colpa della famiglia che non li stimola”.
E mi chiedo: “è davvero così?”.
Perché stiamo imparando a vivere senza progetti, sogni, idee. Senza la voglia di attribuirci un valore e ritagliarci il nostro posto nel mondo. Aiutatemi a capire voi che a me dopo quella conferenza sono rimasti tanti dubbi.
Sono io stata sfortunata o davvero sono tutti cosi?
Come possiamo aiutare questi ragazzi? I nostri figli?
Mimma
Ilaria says
Ogni tanto, anche io, mi pongo la domanda se sono io a essere stata fortunata o se sono proprio i ragazzi d’oggi… Eppure non è che sia passato un secolo da quando avevo 18 anni (ne faccio 29 tra un mese)…. Sarà che i ragazzi di oggi hanno molti più stimoli e “distrazioni”: internet, fb, youtube, smartphone, mille canali televisivi e al posto di prenderli come “punto di forza” per seguire le loro passioni e capire se stessi, si adagiano… Forse è perché i 18enni di oggi sono talmente bombardati da parole come: crisi economica, disoccupazione etc, che magari pensano che non vale la pena sacrificare altri anni di studio e stare fuori casa se poi non avrai mai un lavoro o il lavoro che sogni… Io penso che bisogna comunque tentare e provare a spiccare il volo… Io a 18 anni avevo le idee molto chiare: sapevo che sarei andata a Milano e che avrei fatto lingue e così è stato… un po’ sono sempre stata un tipo deciso e determinato, ma ho anche avuto dei genitori che mi hanno lasciata libera di scegliere, mi hanno stimolata… Forse sì, un po’ la colpa è anche della famiglia che non stimola (ti dico che della mia classe del liceo, solo in due siamo riuscite a volare per bene), ma un po’ credo sia anche la scuola che non riesce a indirizzare i ragazzi verso la giusta via… Forse perché vede dei muri da parte delle famiglie… Però sapere che i ragazzi non sanno ancora chi sono e cosa vogliono diventare, mi mette un po’ di tristezza…
mimma says
Esatto Ilaria io pure avuto stesso percorso. Poi ho avuto un padre sempre curioso, insegnanti che mi hanno ispirato. Poi insomma avevo fame e voglia di scoprire il mondo. Pure nella mia classe sono l’unica ad essere andata così lontano a Milano. Però comunque altri di noi cercarono la strada, non la maggioranza, ma un numero maggiore di quelli che ho incontrato quel giorno. Capisco che a volte magari sei timido, non parli con estranei o con i tuoi amici dei tuoi sogni. Ma così senza nemmeno un progetto mi hanno colpito.
Io spero davvero di scatenare in mia figlia la curiosità. almeno quella. che senza non puoi fare nulla.
Ilaria says
Con il fatto che vivete all’estero tua figlia è di sicuro incoraggiata… Poi è abituata a vedere e frequentare persone con provenienza diversa dalla sua, quindi sarà di sicuro una persona curiosa… Poi da quello che leggo da voi, il sistema scolastico inglese stimola molto la curiosità, anche se io penso che un po’ nasci curiosa e poi dipende da come vieni cresciuto… Io penso che comunque se mai frequenti gente nuova, diversa da te, con la quale confrontarti e imparare, sognare non basta…. devi metterci del tuo… 🙂
mimma says
Si noi potremo darle tutte le possibilità ma toccherà sempre a lei metterci il suo. Sono d’accordo . Staseremo a vedere.
Mirella says
Cara Mimma… come te sono preoccupata e rattristata da questa sonnolenza che vedo nei ragazzi di oggi. Credo che sicuramente un po’ sia colpa del costante bombardamento dei Media su questa crisi, ma anche del modo molto “italiano” che tende a piangersi addosso invece che prendere in mano la situazione per migliorare e MIGLIORARSI. Uno dei tanti motivi del mio vivere all’estero e’ proprio questo. Vedo tanti ragazzi piu’ ispirati dal voler essere un calciatore o una velina, piuttosto che un lavoro magari meno “sotto i riflettori” e piu’ banale, se cosi’ lo vogliamo definire, ma piu’ alla loro portata. Non fraintendermi, non c’e’ niente di male a voler aspirare a quello, ma esattamente come dici tu, ci vuole talento, lavoro sodo e a volte fortuna. Vedo invece tanti che stanno a casa, e si aspettano che le opportunita’ atterrino sopra di loro, esattamente come si aspetta di vincere la lotteria!
Io, a 15 anni ero in partenza per un’anno di studio all’estero, presso una famiglia che NON conoscevo. Sapevo esattamente cosa volevo fare; idealista come te ho forse scelto la facolta’ sbagliata e alla fine sono finita a fare altro, perche’ il settore che desideravo non e’ facile. Mi sono ri-inventata con successo e ri-inventata ancora, ad ogni trasferimento (estero). Molti ragazzi anche laureati, si rifiutano di accettare altro, perche’ non e’ cio’ che hanno studiato. Privi di umilta’ ma anche realismo e voglia di fare.
Si sono preoccupata per loro, per la direzione che stanno prendendo… e cerco di impartire ai miei due cuccioli (piccoli loro) la voglia sfrenata di imparare e vivere, ma anche di sapersi arrangiare con quello che hanno!
Come si puo’ aiutarli? Per quella generazione credo che sia oramai tardi, spero che la vita li svegli e velocemente! Lo spero per loro e per tutti noi.
Per le generazioni piu’ piccine.. Direi che impartire certi valori, stimolarli, fargli vivere realta’ diverse.. e sperare che tutto quello dato sia abbastanza per far si che abbiano voglia a spiegare le loro ali.
mimma says
Grazie per il bellissimo commento. Condivido la tua analisi. Ricordo che quando arrivai in azienda dopo la mia avventura da praticante tutti apprezzarano la mai voglia e la mia capacità di fare un lavoro anche non in linea con i miei studi. Io poi avevo alle spalle anni di lavoro nel negozio di mio padre. Quella è stata la mia vera palestra.
NonPuòEssereVero says
Come sai, anche io mi sono trovata in una situazione simile non troppo tempo fa. E’ difficile parlare ai ragazzi che pensano che dopo la scuola ci sia un mondo stupendo, mentre in realtà si vedono catapultati in un universo nuovo e spesso complesso.
Sono sicura che le tue parole saranno state fantastiche per loro 🙂
Graziella Pezzetta says
Cara Mimma, leggendo il tuo post ho pensato alla mia vita, al lavoro che faccio, alla mia famiglia. Incontro molti giovani che non hanno alcuna idea di quello che vorrebbero fare della loro vita, ma conosco anche alcuni giovani che sanno cosa vogliono nel loro futuro, questi ultimi sono decisamente meno rispetto ai primi, ma ci sono. I fattori, secondo me, sono numerosi, per qualcuno è uno stimolo che nasce la lontano, da quando erano piccoli, ma questi ragazzi sono mosche bianche, per altri è la vita stessa, gli stimoli esterni, gli incontri casuali, un libro o un film che li ha ispirati, talvolta la famiglia, un viaggio, la scuola… una cosa invece hanno in comune gli apatici, tutti senza distinzione: la famiglia soffocante. Tutti i ragazzi e le ragazze che incontro (e sono davvero tanti) quando sono senza sogni, senza iniziative, senza speranze, hanno alle spalle una mamma e/o un papà apprensivi, soffocanti, castranti, dominanti. Tutti Mimma, proprio tutti. Sono genitori convinti di fare bene, di proteggere questi figli, sono genitori che, al mio invito di allontanarsi e di lasciarci soli, si offendono e si allontanano malvolentieri, palesando il loro fastidio. A volte questi ragazzi quando sono soli sembrano svegliarsi dal letargo, a volte invece non c’è stimolo che tenga. Ma posso affermare che nel 100% dei casi è la famiglia a togliere sogni e desideri. Putroppo.
mimma says
Grazie per il commento. Si penso pure io che stargli troppo addosso non vada bene. Però nemmeno lasciarli troppo al loro destino. Insomma ci vorrebbe come al solito equilibrio che non sempre è facile avere.
virginiamanda says
Ciao Mimma,
arrivo tardi(ssimo) a leggere questo post e lo trovo davvero interessante.
Condivido l’analisi di Graziella, spesso è la famiglia soffocante che impone delle scelte e impedisce ai figli di immaginarsi un futuro diverso.
Come dici tu, è difficile trovare un equilibrio come genitori, ma è anche vero che a volte dovremmo ricordarci di più che non “si possiedono” le persone, neanche i figli. (E neanche i compagni, i mariti, gli amici…).
Sono certa che non tutti quei ragazzi fossero persi, magari erano solo timidi. Ho molta fiducia nelle nuove generazioni.
Speriamo bene!
Un abbraccio.
Mamma Avvocato says
Non so se siano tutti così. Non ne conosco molti, di diciottenni.
Io, invece, avevo le idee chiare…che poi forse avrei fatto meglio a farmi più domande e a scegliere un’altra strada, però un progetto lo avevo e l’ho raggiunto.
Penso che la colpa non sia delle famiglia, nè della scuola, ma della atmosfera che si respira: un senso di sconfitta e smarrimento.
Non si sa quale sarà la strada giusta, quali le prospettive, arrivare a fine mese è sempre più difficile e i rapporti internazionali difficili che stiamo vivendo, così come i dibattiti a cui assistiamo, non danno molta fiducia.
Bisogna crederci, coltivare la speranza e l’ottimismo. E’ l’unico modo per vivere questa vita che comunque regala gioie e soddisfazioni, se lo si fa. Noi lo abbiamo capito ma forse, a 18 anni, non è cos’ scontato.
Dovrebbe essere l’età dei sogni, invece sembra essere diventata quella della rassegnazione.
Non voglio credere che siano tutti così!!!!!
E comunque, sono certa che tu qualche seme lo abbia gettato!
mimma says
Grazie cara. Davvero speriamo che non sia solo l’età della rassegnazione. Io ci ho provato perchè ci credo. Ma davvero che sconforto quel giorno
Serena (Cara Malù) says
Ciao Mimma io ho sempre avuto le idee chiare, probabilmente perché in gamba con lo studio e con un padre che ho sempre voluto emulare perché lo sentivo simile a me..ho puntato dritto a quello e non ho sperimentato altro..per poi scoprire che non mi piace abbastanza e non mi permette di avere la vita che voglio. Risultato? Mi ci sono messa a 30 anni a cercare di capire che fare nella vita…ai ragazzi d’oggi direi di sperimentare e capire quali siano i loro doni per non ritrovarsi un giorno smarriti, senza sapere in cosa si sia bravi, come è successo a me.
mimma says
Esattamente ho detto la stessa cosa. Cercate di capire i vostri talenti. E’ la cosa più importante. Un abbraccio cara.