I fatti degli ultimi giorni ci hanno scosso molto. E’ inutile negarlo.
Io ho sentimenti confusi, pensieri vari ed emozioni contrastanti. Mi era già accaduto con la terribile vicenda in Australia, che mi aveva colta alla sprovvista “ma come sono arrivati fino lì?? avevo pensato. Come se vivere così lontano potesse preservare gli uomini dalla tristezza e dai problemi, eppure nella mia ingenuità ci credevo, ma l’attentato del 7 dicembre in Francia mi ha dato il colpo di grazia.
Dopo l’iniziale smarrimento, la paura, acuita dal fatto che tra le mie fantastiche amiche di fuso ho Lucia che vive a Parigi e quindi ero preoccupata per lei, le sue figlie, volevo sapere come stava, dov’era, se era al sicuro. Perché le mie informazioni arrivano sempre da questa chat che condivido con persone che vivono nel mondo. Pure i fatti di Sidney ci erano stati annunciati da Claudia, lì ci eravamo preoccupate per il suo fidanzato che lavorava nel palazzo di fronte alla sede dell’attentato. Ogni volta ho quasi sempre in tempo reale le informazioni, conosco presto i fatti, non leggo le notizie sui giornali, non quantomeno quelli italiani, non faccio analisi, quelle magari arrivano molto, molto dopo.
Ebbene dopo questo smarrimento, la paura, dopo il sollievo perché la mia amica stava bene anche se triste, sapete cosa ho provato, il senso di colpa.
Si, il senso di colpa di vivere in una città islamica, quasi la vergogna. Lo so che fa strano, “tu che c’entri” mi ripetevo, ma le emozioni non hanno basi razionali. E poi l’onda di fobia sull’islam si sente tanto.
Mi sentivo in colpa di vivere qui, di stare bene, di sorridere, di continuare a fare la vita di tutti i giorni. Di avere un piatto da mangiare grazie al lavoro che abbiamo qui.
Ovviamente anche i giornali qui riportavano i fatti, ma non ho assistito a cortei contro la violenza, nessuna condanna forte mi è giunta, ho visto che sono stati pubblicati anche articoli che raccontavano che in America la stampa ha fatto la scelta di non pubblicare le immagini o gli articoli che offendono la loro religione, che è stato più volte ribadito che gli attentatori parlavano un perfetto francese. Il venerdì anzi ho avuto la sensazione che il predicatore durante la solita celebrazione di mezzogiorno urlasse più del solito. Ovviamente essendo tutto in arabo non capivo nulla, ma i toni erano più accesi che mai.
Però va detto che come più volte vi ho raccontato io mi sono poco integrata tra i kuwatiani. Quindi, non so nulla di quello che dicono, ne in ufficio da mio marito nessuno ha detto nulla, non a lui almeno. Ho tanti amici, conoscono tante persone ma la maggior parte vengono da altre parti del mondo. Eravamo tutti colpiti, arrabbiati. La mia amica libanese che proviene da una città bellissima, ma sotto assedio è sempre molto categorica, lei vive sulla pelle del suo popolo la volontà di avere un credo diverso. Poi qui frequento un sacco di francesi, una comunità che ho imparato a conoscere e non vi nascondo a rivalutare. E loro anche questa volta hanno fatto gruppo in un modo davvero esemplare.
Tanti mi chiedono spesso se ho paura. Ho già detto di no, anche se è innegabile la mia voglia crescente di rinchiudermi nel mio recinto.
Noi expat rispettiamo molto le regole. Cerchiamo di fare attenzione il più possibile. Questo non significa condividerle, ma sapendo di essere ospiti ci comportiamo da tali. Se vai a casa di qualcuno mangi quello che ti viene offerto anche se magari non è buonissimo. Al club venerdì è stato pubblicizzato un corso per “etiquette sulla cultura araba” mi è sembrato un segno.
Il Kuwait non può essere considerato un paese integralista, anche se insomma l’islam lo respiri in ogni angolo, sei circondato da donne in abaya, niqab, uomini in dishdasha con più mogli al seguito, moschee, il muezzin scandisce le tue giornate.
Mi sono chiesta come si sentono loro.
Se i giovani, su cui tanti riservano speranze di cambiamento, che spesso vedo così presi da cose materiali perché fin troppo benestanti, si sono accorti di qualcosa, che cosa pensano.
Sono convinta che in tanti avranno provato i miei stessi sentimenti, il senso di colpa, l’imbarazzo. Soprattutto chi non vive in paesi arabi, poi questo è una paese ricco, non tutti i paese arabi sono uguali, ho pensato a coloro che hanno ben presente che qui vigono regole diverse e perlopiù incompatibili con quelle che vigono in quasi tutte le altre parti del mondo. Dove l’inferiorità delle donne almeno è messa in discussione, o quantomeno non è scritta nero su bianco. Perchè non credo che tutti hanno bene in mente questa differenza.
Credo che tanti abbiano il desiderio di non sentirsi accomunati solo perché arabi, credenti mussulmani agli integralisti -stragisti. Anche la rabbia farà parte del loro sentire.
Chissà quando mi passerà questo smarrimento, questa incredulità a vedere che la vita continua, anche se il mondo è impazzito, anche se avvengono fatti terribili.
Nei giorni scorsi su youtube ho visto i 10 c0mandamenti di Benigni, ovviamente l’ho trovato splendido e con mio marito pensavamo che ci ha fatto capire più cose lui dei preti in anni di catechismo e come certe cose che vedo qui appartengono davvero a 2mila secoli fa.
Tra i vari punti che mi hanno illuminato c’è quello dedicato al comandamento non uccidere.
Vi riporto un estratto, ma se avete tempo guadatelo anche voi.”Siamo nel cuore dei dieci comandamenti, forse il fulcro, il comandamento per eccellenza. Eppure, spiega Benigni, nonostante dovesse essere scontata la sua attuazione, all’epoca non era bene accetto nel decalogo. Ovviamente, i giorni nostri non sono da meno. Ricorda Benigni che il 900 è il secolo più assassino della storia. Secondo l’attore il comandamento è l’unico imperdonabile, infatti procurando la morte non si può avere il perdono della vittima (l’unica che può perdonare), in quanto appunto morta. Tutto parte con Caino che uccide Abele. Loro due non si erano mai parlati. E come dice Benigni è questo il vero problema. L’assenza di dialogo”.
Alla fine sono d’accordo con lui.
Cerchiamolo quel dialogo e andiamo oltre alle supposizioni. Ma nel frattempo scandalizziamoci per gli orrori che ci circondano, in Pakistan, in Nigeria, in Siria. Così come abbiamo fatto per Parigi, Sidney, Londra e New York.
Anche se a volte anch’io mi sento sfibrata dalle parole, mi sembrano solo belle parole, difficili da realizzare. Come quelli che vorrebbero che tutto il mondo arabo si ribellasse, che ipotizzano che solo quando le donne lotteranno per i loro diritti le cose cambieranno. Ho letto tanta teoria, sui giornali, sui social, io stessa ora ne sto parlando, ma non volevo passare per indifferente. A volte mi sembra che la natura umana, quella più infima, quella più nera, prenda sempre il sopravvento. E la religione non sempre c’entra. Anzi quasi mai. Che come mille e mille anni fa si fa fatica ad accettare che NON UCCIDERE non è qualcosa su cui si può discutere.
Eppure non dobbiamo arrenderci mai. Anzi occorre manifestare più che mai il nostro dissenso, e urlare che noi non siamo con loro mai.
Ed è per quello che dopo le stragi del 1992 in Italia decisi di studiare giurisprudenza, ed per quello per cui oggi ho sentito il bisogno di far sapere come mi sento, anche se il mio dissenso arriva dal mio piccolo recinto. Ma io questo non lo dimentico mai.
E forse in un recinto non ci sono finita da sola, io.
claudia says
C’è smarrimento, c’è rabbia… c’è tanta ignoranza quanta violenza. Io mi chiudo spesso nel mio recinto, il mondo fuori non lo capisco, non lo approvo, e mi sento minuscola e impotente se persino dai miei parenti e amici sento parole di odio. La violenza genera violenza, non so dove vogliamo arrivare. Una cosa é certa: molti dimenticano la storia. Corsi e ricorsi storici. Dovremmo comprendere, dovremmo imparare e invece sappiamo solo uccidere.
Io sono smarrita in questo mondo di odio.
(PS. Hai letto “Io sono Malala?”)
Un abbraccio Mimma.
mimma says
Non l’ho letto. Lo cercherò. Si anche a me capita cara Claudia, da madre più che mai.
Mamma avvocato says
cara Mimma, io la penso come Oriana Fallaci, a grandi linee. Però, nello stesso tempo, cerco con tutta me stessa di credere che il segnale lanciato dalla marcia di Parigi sia più forte e più vero di quello emerso dagli attentati. Ci spero con tutta me stessa, per me, per noi, per mio figlio.
Capisco la tua confusione e la tua tristezza.
Forza Mimma, coraggio.
mimma says
Dopo il tuo commento sono andata a rileggere le sue interviste che il corriere ha deciso di riproporre. Che donna !!!
valentinavk says
mi sono alzata in piedi alla fine del post.
brava, di cuore
mimma says
Tesoro….non vedo l’ora di rileggerti!
Claudia says
Mimma cara. il tuo post e` molto bello fa pensare a chi siamo e a chi abbiamo vicino. io per esempio ho una collega musulmana simpaticissima e dolcissima che molte volte mi ha aperto il suo cuore, come donna e come persona..senza che ci siano mai stati problemi di religione tra di noi. Penso a lei e a suo marito ed ai suoi figli con cui abbiamo anche passato momenti di festa: alla loro educazione e civilta` apertura mentale e tradizioni. Penso a loro e non riconosco questa cattiveria e questo odio che porta ad uccidere in nome di Dio. Come non vedo in loro il genitore che immola la propria bambina innocente ( quante in Nigeria…ogni giorno adesso…mandate a morire dai genitori..) nel nome dello stesso Dio? che cosa puo` succedere di malvagio nella mente umana? Ma come si fa a covare cosi` tanto odio da tramutarsi in strumenti di morte? non riesco a trovare risposte, cerco di non chiudermi nel mio recinto, ma ammetto che non e` facile!
mimma says
La teacher di mia figlia è mussulmana, quest’anno per la prima volta sulla foto di natale c’era scritto merry christmas ! mi sono emozionata. Questi piccoli gesti mi fanno bene sperare, lo so che non sono tutti così estremi, ma alcuni dogmi della loro religione sono davvero ben difficili da accettare. E hai ragione non è giusto chiudersi, solo che sono stati giorni difficili davvero. Ti abbraccio forte.
MammaPiky says
Non riesco a non pensare che la forza dell’integralismo abbia come base l’ignoranza, e una carenza di cultura sotto tutti i punti di vista, per primo quello religioso. Fa leva sulla povertà, e su tante debolezze della cultura in cui si vive, compresa quella occidentale. La salvezza dell’anima sembra essere l’unico riscatto per una vita misera. Chi recluta e addestra lo sa e su quello punta. Purtroppo si dice che l’integrazione tra razze e polpi non ci sia ma non vedo come possa essere altrimenti. In un clima di odio e disprezzo dell’altro, come e’ possibile aprire il cuore e la mente a qualcosa di diverso? Inevitabile la paura, il timore di non saper riconoscere il pericolo, la difficoltà nel capire dei dogmi che portano persone a seminare morte e sangue tra innocenti. La manifestazione come quella di Parigi, e’ stata emozionante e credo sia un esempio concreto di come sviluppare la cultura e di come togliere a questi beceri, la possibilità di convincere e condizionare altre vite. Avere in pugno le persone e’ l’arma più potente che ci sia, e l’integralismo punta su quello. Combattiamolo su questo fronte: disarmiamoli.
mimma says
Si Mamma picky è proprio quello ignoranza, ma anche una base culturale diversa, la mancanza di un percorso verso il superamento di certe convinzioni come è successo a noi cattolici.
La strada è lunga e ci vuole davvero un grande volonta a percorrerla
Graziella says
Grazie Mimma per aver espresso così bene i tuoi sentimenti ed averli condivisi, anche per questo non sei in un recinto, nel recinto ci stanno quelli convinti che la loro violenza sia la risposta giusta alla violenza dell’Occidente. Io mi sento e sono una cittadina del mondo, rifiuto di divedere le persone in categorie che non siano quella umana e voglio continuare a credere nell’essere umano. Ti abbraccio forte.
mimma says
Grazie cara….un abbraccio forte.
Nicole says
come forse saprai, il governo emiratino ha condannato la strage. Un bel segno, da parte di un paese islamico ben più progressista di altri. per la comunità francese che mi ha accolta è stato un bel segno. Abbiamo guardato insieme la marcia in diretta, dopo cena, e acceso candele per ricordare i morti.
Non mi interesso di politica, ma ero all’aeroporto di Parigi quando è successo e dei francesi mi aspettavano dall’altra parte del volo. Il ritardo del mio aereo era dovuto al maltempo, ma so anche cosa hanno pensato loro vedendo il tempo accumularsi sul tabellone. E so che, chiusi in quell’aereo, nella nebbia, nessuno ci ha detto nulla.
mimma says
Gli emirati sono diversi. Ogni paese arabo è diverso. Ben vengano segni. Immagino che tensione in aereo…..un abbraccio Nicole.
Mariangela says
Stragi di questo tipo non fanno altro che creare delle voragini tra le culture. Ti viene la netta sensazione che non ci si incontrerà mai
mimma says
Più che altro io sono sempre più convinta che la strada è molto, molto lunga.