Sono arrivata a Riyadh giovedì sera dopo un lungo viaggio. Ero emozionata e curiosa, a tratti commossa.
L’aeroporto mi ha accolta alla grande facendomi notare subito i primi cambiamenti.
Le fontane erano accese, attorno fiori colorati e ordinati. Tutto era pulito e ben curato.
Dopo aver sceso le due scale mobili che conducono al controllo passaporti e visti mi sono trovata davanti al vero cambiamento. Una fila infinita di persone che attendevano il controllo del passaporto e del visto turistico.
Io sono stata mandata nella fila di sinistra, quella dei re-entry visa, anche se ero in possesso di un visto turistico. Il mio iqama e re-entry visa l’ho chiuso il giorno in cui ho scelto di andarmene da questo deserto. La fila di sinistra era molto corta, composta per lo più da donne e uomini occidentali che arrivavano qui per lavoro.
L’attesa in fila è durata pochi minuti. Poi mi sono trovata davanti al banco per il controllo del passaporto e del visto turistico. Con piacevole sorpresa c’era una donna, anzi, tutti i controllori dei documenti erano donne. La ragazza era completamente coperta, ma ho notato subito un sorriso e i suoi modi gentili. Mi ha preso le impronte digitali, mi ha fatto la foto al viso e timbrato il passaporto. “Welcome back to Saudi!”, mi ha detto guardandomi profondamente con due occhi grandi e verdi.
Mi sono diretta verso il controllo dei bagagli a mano. Dopodiché via veloce verso l’uscita.
“All’uscita vieni a destra. Ti aspetto lì!”.
Eccolo, lo vedo. Finalmente il daddy!!! Avrei voluto correre verso di lui, abbracciarlo e baciarlo. Ma qui non si può, è vietato.
Il daddy e io ci siamo salutati con un enorme sorriso che conteneva tutto! Abbiamo iniziato a parlare: io raccontare del viaggio e lui del suo lavoro.
Quando sono salita in auto, senza abaya, ho respirato profondamente e mi sono appiccicata al finestrino.
“Hai visto qui ora c’è…?”
“Guarda là…”
“Qui invece hanno pulito…costruito…tolto…”
Eccoci arrivati al compound.
Primo controllo superato.
Zig zag con l’auto.
Secondo portone di sicurezza passato.
Al terzo portone, quello con i ragazzi della security, mostro il badge del compound. Lo stesso badge di sempre. Quello con la fotografia, ormai sbiadita, di una me più giovane, bionda, con i capelli corti e occhiali blu con un grande sorriso, che risale all’agosto del 2015. Quel lontano agosto in cui arrivammo io ed i bambini qui per la prima volta.
Il daddy ed io finalmente varchiamo la soglia del compound dove ad accogliermi c’è una grande scritta: “Al Nakhla Welcome”.
Il daddy mi guarda negli occhi: “Bentornata!”.
Drusilla
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