“Ero l’Arminuta, la ritornata. Parlavo un’altra lingua e non sapevo piú a chi appartenere. Invidiavo le compagne di scuola del paese e persino Adriana, per la certezza delle loro madri.”
L’Arminuta è entrata nella mia vita solo due giorni fa. Grazie a un messaggio di Elisa, la mia cara amica che mi scrive “Mimma devi leggere l’Arminuta, tu lo divori in due giorni”.
Io ovviamente ho subito seguito il suo suggerimento avevo appena finito di leggerne un’altro molto leggero e non vedevo l’ora di tuffarmi in qualcosa di toccante.
Poi se lo dice lei che mi conosce così bene e che ha gusti molto simili ai miei non può che essere così.
L’Arminuta di Donatella Di Pietrantonio è un libro che non può lasciare indifferenti.
Narrato in prima persona, è la storia di una bambina che viene restituita.
Vissuta fino a 13 anni con quella che pensava fosse la sua famiglia, l’Arminuta viene improvvisamente catapultata in un’altra realtà, dalla città al paese, dall’agiatezza alla povertà o poco più. Orfana di due genitori viventi, spedita come un pacco, non conosce le ragioni di questo cambiamento così improvviso.
Si ritrova a dover condividere la stanza con fratelli sconosciuti, tra cui Vincenzo che la guarda già come una donna, e il letto con la sorella Adriana.
Cosa spinge una madre a dare la propria figlia di sei mesi a una cugina? E cosa spinge una madre adottiva a ridarla indietro all’età di 13 anni?
Sono queste le domande che la protagonista continua a porsi mentre si adatta faticosamente al nuovo stile di vita. E che io stessa non ho smesso di domandarmi.
Non l’ho mai chiamata, per anni, Da quando le sono stata restituita, la parola mamma si è annidata nella mia gola come un rospo che non è più saltato fuori. Se dovevo rivolgermi a lei con urgenza, cercavo di catturarne l’attenzione in diversi modi.
I motivi che hanno indotto le due donne a questi abbandoni sono diversi, quasi opposti, e vengono svelati nel corso della narrazione.
Mentre il primo mi sembra comprensibile e rappresenta una condizione purtroppo comune in certi piccoli paesi di provincia, il secondo, quello più doloroso, è rivelato di colpo, quasi per sbaglio, dalla sorellina Adriana, che riporta una conversazione che ha sentito dagli adulti.
Ed è come girare il coltello dentro una ferita.
Nel tempo ho perso anche quell’idea confusa di normalità e oggi davvero ignoro che luogo sia una madre. Mi manca come può mancare la salute, un riparo, una certezza. È un vuoto persistente, che conosco ma non supero. Gira la testa a guardarci dentro
Ho molto amato L’Arminuta che nonostante si trovi suo malgrado sbattuta di qua e di la, in una situazione che non augurerei a nessuno, lei sembra l’unica “normale”. Forte. Anche se ferita.
Non a torto è stato definito il romanzo della resilienza.
Ho apprezzato moltissimo questo libro che come aveva detto Elisa ho divorato in due notti.
Il mio personaggio preferito oltre a l’Arminuta è Adriana la sorella più piccola.
La sorellanza salverà la piccola ritornata. Adriana, la sorella che neanche sapeva di avere, dotata di una forza straordinaria, di senso pratico. Schietta .
Nel tempo ho perso anche quell’idea confusa di normalità e oggi davvero ignoro che luogo sia una madre. Mi manca come può mancare la salute, un riparo, una certezza. È un vuoto persistente, che conosco ma non supero. Gira la testa a guardarci dentro.
L’Arminuta ha vinto il premio Campiello.
E’ un libro duro e intento.
Centosessantre pagine di storie vere.
E voi l’avete letto?
Mimma
ps . questo libro partecipa al venerdì del libro.
Lascia un commento