C’era una volta una giovane sartina che in una piccola città lottava per mantenere la propria indipendenza e i propri sogni.
Non è una favola è la trama dell’ultimo libro di Bianca Pitzorno “Il sogno della macchina da cucire (Bompiani)”.
Un’autrice molto conosciuta con una bibliografia vasta, per me invece è la prima volta. Ho apprezzato il suo stile.
Ho comprato il suo libro su kindle, per via di vari suggerimenti che lo davano come libro da leggere.
La storia è quella comune di tante ragazze che nella società classista di fine Ottocento popolavano le stanze del cucito. La protagonista del romanzo è una ragazzina orfana, cresciuta da una nonna analfabeta e lungimirante che mettendole in mano ago e filo le offre uno strumento di emancipazione potente.
Erano tempi quelli in cui ogni capo di abbigliamento veniva confezionato su misura. Si chiamavano allora le sartine a giornata, che prendevano misure, tagliavano e cucivano un po’ di tutto, dalle lenzuola agli abiti.
Attraverso i racconti di questa sartina che vive tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, la Pitzorno non solo scava in profondità nei suoi sentimenti, facendocela sentire sempre meno distante, pagina dopo pagina; ma tra orli, pizzi, asole e finiture, ci fa addentrare nella società di quel tempo, narrandone virtù e storture, facendoci del tutto immergere in una realtà lontana dalla nostra che però, per certi versi, è rimasta immutata.
Allo stesso modo, le donne descritte nel libro “Il sogno della macchina da cucire“, nonostante la distanza temporale, non sembrano molto lontane da noi, hanno i nostri stessi sogni, desiderano l’amore, la libertà di poter scegliere, vorrebbero essere felici e si scontrano quotidianamente con ostacoli, difficoltà, privazioni.
Volevo passeggiare sulla spiaggia contemplando l’orizzonte, come avevo visto in un quadro, raccogliendo conchiglie e sognando mentre i voli dei gabbiani rigavano il cielo. Sognando cosa? Chi? Sognare era molto pericoloso, lo sapevo, non me lo potevo permettere. E poi, già soltanto vedere il mare non era la realizzazione di un sogno?
La sartina racconta la sua storia attraverso aneddoti narrati finemente, durante i quali si alternano momenti divertenti ad altri tragici, fino a un epilogo che avrà un sapore agrodolce.
Tutti i personaggi portano con sé qualcosa di unico, nel bene e nel male, e sono caratterizzati al meglio. Bastano poche descrizioni per capirne la personalità e la fisicità, pochi dettagli per inquadrarne il carattere e per suscitare nel lettore sentimenti di profonda commozione o di totale antipatia.
Mia madre ha molto in comune con questa sartina. Sebbene sia nata in un’epoca diversa.
Anche a lei fin dalla sua giovinezza fu insegnato a cucire.
Cucire era la sua chiave per l’indipendenza. L’unica che poteva concedersi.
Come oggi lo è studiare per molte di noi.
Solo che allora studiare, per quanto lei fosse una studentessa modello, non era considerato alla sua portata.
Mia madre ha lavorato in una nota sartoria del mio paese, specializzata a fare abiti da sposa.
Per anni ci ha cucito abiti e costumi. L’ho vista china sulla macchina da cucire e adoravo i suoi racconti legati a quegli anni.
Per molte ora cucire è un vezzo, un hobby.
In passato era una forma di libertà ed emancipazione.
Una vera salvezza.
Se non conoscete questa realtà il libro vi farà capire tante cose o se come me siete cresciute con una macchina da cucire in casa vi commuoverete un po’.
Mimma
Mamma avvocato says
A me, a leggere le tue parole, viene in mente mia nonna. Credo proprio che questo libro lo cercherò presto, anche perché a me piacciono molto i romanzi ambientati nell’800, un’epoca così lontana per molti versi,come giustamente scrivi tu, ma anche moderna.