L’altrio giorno Giada mi ha fatto questa domanda.
“Mamma, ma io sono Pugliese o Marchigiana?”.
Riferendosi alla regione dei suoi genitori.
Io le ho risposto: “nessuno della due, sei Italiana!”.
Lei mi guarda, e mi ha risposto: “hai ragione mamma, ci ho pensato. Io sono un mix: sono milanese visto che sono nata lì , ma sono anche inglese e pure un pochino araba. Che dici, ho ragione?”.
Le ho detto che aveva ragione. Lei è un mix. Un bellissimo mix.
Avrei potuto darle mille spiegazioni. Ad esempio che lei è un esponente del Third Culture Kids.
A tal proposito vi invito a leggere il post che ha scritto Elena sull’esperienza di Tommaso che ha parlato a un Ted Talk proprio di questo. Un video che non potrà lasciarvi indifferenti.
Oppure il bellissimo articolo scritto da Monica su questo argomento.
Ma ho preferito semplificare . Anche perché da sola sta maturando l’idea sulla natura della sua identità .
Io l’ho sempre saputo che lei un giorno si sarebbe sentita così.
In passato rispondeva subito Italiana.
Ora che cresce sente che la sua identità è fortemente influenzata dalle sue esperienze, dalle culture a cui è esposta. Che forse non si può spiegare solo con Italiana, posto dove tra l’altro non ha mai vissuto.
Questa estate siamo state a Londra.
E lei si sentiva così a suo agio.
Ovviamente non solo per via della lingua.
Ma sentiva che quel mondo le apparteneva.
Si è esaltata di fronte ai souvenir della regina e soprattutto di Megan and Harry.
Me l’ha pure detto: “mamma sono orgogliosa di essere metà italiana e metà inglese!”.
Io ho sorriso e non mi sono sentita minacciata.
E’ un dato di fatto. Frequentando una scuola inglese è fortemente sottoposta alla loro cultura.
I suoi più cari amici sono UK.
Io coltivo moltissimo l’italiano e l’italianità.
Ma non per farlo prevalere, solo per dargli altri strumenti.
Così come ora che studia arabo lei si sente un po’ più in sintonia, pur avendo bene in mente la diversità della cultura.
Se da piccolina si vergognava ad essere l’unica a parlare due lingue, parlo di quando eravamo in Italia, e aveva la sensazione di essere “strana”.
Ora sa che non è così.
Anzi, quando le dicono che parla un italiano strano, per via un po’ dell’accento alla Don Lurio o per via della costruzione delle frasi all’inglese, con l’aggettivo sempre per primo, risponde “certo sono milanese”.
In generale ho sempre notato delle caratteristiche che attribuiscono ai bambini della Third Culture Kids, grande capacità di adattamento, una grande capacità a gestire addi e saluti.
Lei piange ogni volta. Ma ha tempi di reazione rapidissimi.
Non si permette di stare male. Sa che fanno parte della sua vita.
Non significa che non soffre ma razionalizza e molto.
Il passaggio che ho notato negli ultimi mesi però è stata questa consapevolezza.
Chissà come si trasformerà tutto ciò nella sua vita adulta.
Questi third culture kids che hanno fatto della resilienza il loro marchio di fabbrica, saranno degli adulti migliori?
Ve lo racconterò.
E i vostri figli?
Mimma
Mamma Avvocato says
Penso non sia facile per lei, però forse i bambini così saranno davvero cittadini del mondo e faranno la differenza, un domani.
NonPuòEssereVero says
Questa foto di Giada è davvero stupenda!