Spesso rifletto sulla vita di mia figlia.
Su quanto le nostre scelte influenzano la sua vita.
La sua fanciullezza. La sua vita di bambina.
Su quanto possa incidere sul suo carattere vivere all’estero lontano da tutti.
In un paese che non potrà mai diventare la nostra casa.
In un paese pieno di restrizioni.
Una vita caratterizzata da saluti, amicizie temporali mi chiedo se possa essere considerata una vita vera, piuttosto che una bolla.
“Where are you from?”
“Italy, Sweden, Lebanon, France, Turky…”
“Where is home?”: “Kuwait”.
Ci hanno messo un po’ a rispondere a quest’ultima domanda Giada e i suoi amici.
Hanno dovuto pensarci, ma alla fine sono giunti alla conclusione che Kuwait è Home.
E se gli chiedi perché? Ti guardano un po’ straniti dal sentirsi porre una domanda così stupida.
Per loro è ovvio perché. Perché ci sono gli amici, la scuola e la famiglia.
Non per forza in questo ordine. Ma questi tre elementi per loro vogliono dire casa.
Ho fatto questa domanda perché la nostra amica Monica ha preparato un workshop interessante su questo tema di cui ci ha parlato in un post sui Third Culture Kids, dove potrete vedere anche le risposte che hanno dato i nostri bimbi di fuso.
È stata l’occasione per me di riflettere sulla vita che conduce mia figlia qui in Kuwait.
Per quanto lei abbia una fortissima identità italiana anche senza mai essersi vissuta nella patria dei suoi genitori, nello stesso tempo le sembra di condurre una vita normale in un paese e in una cultura molto differente.
Un posto, Kuwait, alla maggior parte degli italiani sconosciuto. Un posto che, nell’immaginario, si divide tra l’idea che si viva tra grattacieli e ricchezza a palate e tende nel deserto.
Un po’ è così, ma nella realtà mia figlia vive in mezzo alla semplicità.
In una bolla perfetta.
Una bolla in cui spero possa restare un sacco.
Una bolla in cui non esistono le mode. Qui non è importante cosa indossi.
Per continuare a leggere prosegui sul mio articolo perché mi piace che mia figlia viva in una bolla – amiche di fuso
Mimma
Ilaria says
Ho letto il tuo articolo con attenzione. Premetto che non sono mamma, però condivido il tuo punto di vista. Penso che una volta cresciuta, Giada ricorderà con piacere tutti i tuffi, gli sleepover e tutte le ginoccchia sbucciate quando era piccola Piuttosto che le vacanze fighe o gli abiti firmati. Secondo me la semplicità è alla base dell’infanzia… un abbraccio
Priscilla says
Non importa dove sei fisicamente, importa dove sei col cuore, dove sono i tuoi affetti: lì è casa. Ed è bellissimo che Giada possa vivere in un ambiente davvero multietnico che la arricchirà molto di più rispetto alle esperienze di tanti altri bambini.