Ancora uno squarcio della vita a Singapore, raccontato dalla bella penna ironica della nostra amica Federica che ci manca un sacco…
Appena arrivati, ancora obnubilata dalla routine mediorientale, mi sono ovviamente gettata sulle macchinine gialle (nonche’ rosse, blu e bianche), pare ce ne siano piu’ di cinquantamila.
Alla fine non resta che trasformarti in Carrie Bradshaw (difficile in infradito, bermuda, maglietta con macchia di cioccolato, passeggino e Pidocchio al seguito), piazzarti lungo la strada, sventolare la manina e sperare nella sorte. Perche’ comunque quando piove o nelle ore di punta i cinquantamila stramaledetti taxi diventano improvvisamente tutti hired. Resta solo l’imprecazione contro ignoti nella propria madrelingua. Sorvolo sugli autisti, cinesi fuori ma liguri dentro, che quando si fermano restano saldamente ancorati al posto di guida, limitandosi ad aprire il cofano con un click mentre tu, con mossa plastica, pieghi il passeggino con un piede e lo getti nel bagagliaio, lanci il Pidocchio a bordo, raccatti la borsa e sali a congelarti.
Cosi’ ci siamo dati all’esplorazione della metropolitana.
Quattro linee molto milanesi, gialla
, verde, rossa, viola, che attraversano piu o meno tutta la citta’.
Puntualissima, pulitissima (prima o poi lecco per terra, l’ho gia’ detto), estremamente comoda se dove devi andare e’ vicino ad una stazione, inutile se lontano. Uno spiegamento di segnaletica orizzontale e verticale a prova di scemo. Frecce verdi e rosse all’uscita e all’ ingresso dei vagoni indicano precisamente dovestare in coda.
Se per caso c’e’ un po’ piu’ di ressa, una voce suadente in inglese e in mandarino ti ricorda che il prossimo treno passera’ entro due minuti, quindi e’ inutile affannarsi per salire adesso; e magicamente appaiono agenti dei trasporti in divisa che separano le folle come Mose’ con il Mar Rosso per incanalarle con fluidita’ nelle carrozze.
Amore materno.
Alla fine non ci e’ rimasto che il bus da esplorare. Che dire, puntualita’ disarmante e rete capillare.
Unico neo, occorre sapere esattamente dove andare, salire, dirlo all’ autista, che tipicamente non capisce perche’ la tua pronuncia e’ sbagliata, strappargli di mano la tabellina con le fermate, indicare dove vuoi scendere, pagare in monetine esattamente la cifra prestabilita, il tutto mentre l’autobus e’ in corsa (la puntualita’ va conquistata, il giappo-autista non puo’ perdere minuti preziosi parlando con un’occidentale che fa turismo metropolitano), un getto di aria ghiacciata ti iberna la maglietta bagnata (l’ho gia’ detto, io vivo nel posto piu’ umido del mondo…) e il Pidocchio intona “the wheels on the bus go round and round”.
Anonymous says
Cara Federica ammiro la tua intraprendenza come quella di Mimma e di Billa siete non solo intraprendenti ma anche coraggiose . Interessante quello che scrivete fa conoscere mondi diversi ma siete anche divertenti ciao carine
Anonymous says
Grazie..! In questi paesi cosi lontani e diversi dall’ Italia bisogna metterci un po’ di ironia, altrimenti e’ dura!! Un abbraccio